CG122

“Una città che voglia avere cultura deve essere animata dalle immagini.”

James Hillman, Politica della bellezza

Le immagini di una città che si capovolge, si frantuma e viene re-immaginata nella funzione di contenitore, o meglio di deposito, dell’arte; un’arte non rinchiusa ma esposta su ogni superficie, arte che riempie ogni spazio del vivere. Ogni spazio permette di fare arte che può essere vissuta in ogni vicolo di una città. Nessuna indicazione guida il visitatore in percorsi obbligati in quanto l’arte stessa dovrebbe fungere da elemento orientativo per il corpo, lasciando che l’utente si crei liberamente i propri punti di riferimento, alimentando così la scoperta dell’opera d’arte che ha di fronte. L’arte è l’elemento attrattivo che si fa osservare da ogni angolazione in un deposito. Non viviamo l’opera come se fosse esposta “a regola d’arte”, ovvero mostrata nel modo desiderato/scelto dal l’artista. Questo consente di poter ripensare lo spazio espositivo completamente libero da vincoli ponendo forse in mostra anche aspetti inattesi dell’opera stessa. Ogni livello interno è una scoperta e lo diventa ogni volta che le opere vengono rimosse e poi nuovamente depositate. Così come l’arte anche la natura ricopre la superficie disponibile per tornare ad abitare la città in un’area da cui era stata tolta. Un ambiente da vivere cangiante nei colori e nelle forme che, con il succedersi delle stagioni, offre diverse esperienze. Le prospettive si modificano a seconda del punto di vista dell’osservatore: dalla copertura, dal museo e da terra. Il verde permea ogni spazio interno ed esterno con l’intento di rimarginare il taglio netto che esiste tra uomo e natura; il confine è labile, organico come le forme che compongono la suddivisione dello spazio.